venerdì 22 febbraio 2008

Il Cinghiale di Cesare Simonetti

CESARE SIMONETTI è un caro amico che, oltre alla notevole intelligenza, alla saggezza di chi conosce a fondo la vita e alla passione per la caccia, possiede anche un'inclinazione alla narrazione la cui qualità letteraria non sfugge a chi se ne intende. Alcuni suoi saggi di narrativa sono comparsi su "Il Giornale" e in un volume dedicato alla città antica di Genova, intitolato GENOVA PROFONDA, pubblicato di recente insieme a Fiorella Merello.


IL CINGHIALE è un bell'esempio della sua vena narrativa, pervaso della ruvida malinconia del vecchio cacciatore che non ignora la pietà e la tenerezza.


La folla attorniò lentamente l’auto davanti alla chiesa.
Aldo scese per primo, poi Franca: lui si fece di lato e Franca rimase di fronte alla gente che la guardava, lo sguardo assente fisso dinnanzi a sé.
Nella sua solitudine pareva una statuina innalzata davanti agli altri.
Benito si fece avanti, le porse le mani, l’abbracciò in silenzio, senza una lacrima, poi il "genovese", che lottava col suo groppo in gola, e poi gli altri, ad uno ad uno, silenziosi, a stringere quel corpo minuto per soffocare il dolore, per rimediare come potevano allo schianto di quella vita.
Aldo stringeva le mani a tutti, gli occhi ancora rossi, anche lui rattrappito, lo sguardo che andava oltre il muro della gente, verso la chiesa, verso la bara del figlio ucciso il giorno prima in quel maledetto tornante, da quel maledetto furgone che l’aveva incrociato proprio al termine dell’inutile frenata e della sbandata finale.
Dietro la chiesa, boschi e montagne racchiudevano la piccola piazza dove la gente era accorsa dai paesi, dalle frazioni, dai casolari, dalle masserie, per offrire ad Aldo e Franca il loro dolore silenzioso, l’affetto che li accomunava tutti, in quella grigia giornata che non finiva mai.

*

Lentamente passò la Primavera, e l’Estate fu calma e calda, come tutte le estati di quel remoto villaggio della Liguria profonda, quella dei boschi di faggi e castagni, roveri e lecci, quella dei cinghiali, delle lepri, dei daini, dei tassi, dei caprioli, forse dei lupi, la sconosciuta Liguria dove l’aquila vola in cerchio, altissima, e di notte chiamano i gufi.
Aldo trafficava per l’orto o per legna, Franca non si staccava mai da lui e lui l’accompagnava dappertutto, quasi avessero ciascuno paura di lasciar solo l’altro, si sostenevano a vicenda, si recavano insieme al cimitero, e quando li andavi a trovare (c’era sempre qualcuno con loro, fino a sera) parlavi con entrambi, e qualsiasi fosse il discorso si finiva sempre con Franco, col figlio ventenne morto in un incidente d’auto con l’amico.
- E non guidava, lui, guidava l’amico - diceva Franca.
- Io a caccia non ci torno più - diceva Aldo.
Già: perché Aldo era il cacciatore più bravo del paese, l’unico che sapesse fare tutte le cacce, il cinghiale, la lepre, la beccaccia, il colombo, il passo, tutto, e aveva insegnato al figlio ogni trucco e tutti s’erano abituati, nelle lunghe ore di posta, a veder apparire Franco, cauto, coi cani al guinzaglio e la carabina in spalla.
O a parlare con lui per radio.
- Franchino, guarda che e’ passato di qui -
- Franchino, ne ho visti due ... -
- Franchino, dove sono i cani ? -
- Franchino, quelli di Bagnasco hanno sparato qui sotto, va a vedere -
Tutti ricordavano con malinconia quel giovane alto e magro, e Aldo... Aldo che quando Franco aveva preso il Porto d’Armi pareva avesse vinto alla lotteria...
- Dai Aldo, torna a caccia, se non ci sei tu che caccia è ? -
- Aldo, ma che ci fai in casa, vieni anche tu... -
- Lascia perdere, Aldo, i cani obbediscono a te... -
Lui scrollava la testa, sempre meno convinto, ma quando la caccia riaprì in Autunno, c’era anche Aldo.

*

Quel Mercoledì era andata buca. Quelli sulle poste alte non avevano visto niente, in basso avevano sbagliato un bestione a cinquanta metri, quelli a mezza costa avevano dovuto ripiegare più giù e s’erano spostati due volte, ma i cani quel giorno non andavano.
C’era già un pò di neve sulle cime, e sulle poste alte, sul crinale col Piemonte, prima la nebbia e poi la tramontana avevano gelato i cacciatori dopo ore di attesa, ed ora si avviavano alle macchine ai bordi della statale, pestando forte i piedi sull'asfalto per il freddo e il fango.
Ancora un’ora di luce, e poi sarebbe calata la sera.
Aldo disse:
- Voglio provare là dentro - e indicava un macchione di roveri e castagni ai margini del bosco.
-Stamattina i cani qualcosa hanno sentito, voi aspettatemi qui, faccio un giro, dieci minuti e torno -.
S’era avviato senza cani, con la sua doppietta, di buon passo.
Più che vederli li sentì: era uno “sciame“ intero, in fuga davanti a lui, col suono secco dei rami spezzati e la ventata che le zampe frenetiche alzavano sul manto di foglie secche.
Inutile inseguirli, col buio imminente e senza cani: diede un’ultima occhiata e fece per tornare dagli altri.
E d’un tratto lo vide.
Sulle prime gli era parso una ceppaia, un tronco abbattuto, ma aguzzando lo sguardo gli apparve il profilo inconfondibile d’un cinghiale.
Era enorme, mai visto uno così grande, immobile, a una sessantina di metri.
Di fronte al mostro il cuore gli si fermò, mentre portava il fucile alla spalla.
Al primo colpo il cinghiale balzò di lato, verso il folto, ma la seconda botta lo colse ancora allo scoperto.
La bestia reagì con un grido furioso, si volse fulminea, e caricò l’ombra che l’aveva ferito due volte.
Aldo ricaricò la doppietta in tre secondi e sparò di nuovo.
Il mostro non si fermò.
Aveva iniziato la carica a sessanta metri ed ora Aldo era di fronte a lui con l’arma scarica.
Il cinghiale coprì gli ultimi sei metri con un solo balzo, ed Aldo ebbe il tempo di vedere le zanne lunghissime puntate contro di lui, come in un incubo.
Ma al momento dell’impatto l’enorme bestia deviò di un palmo, sfiorò appena Aldo che quasi cadde, proseguì la corsa per una cinquantina di metri e crollò di botto di fronte a una ceppaia.
Alzò l’enorme testa, si sollevò con fatica sulle zampe anteriori, azzannò ferocemente un ramo basso, e morì.
Quando lo scuoiarono appeso al soffitto della vecchia scuola, misurava due metri e mezzo e sulla stadera aveva fatto segnare quasi duecento chili.

*

Per Natale era venuto su anche il "genovese" ( dopo trent’anni lo chiamavano ancora così: il genovese) per passare le feste nella sua casa in cima al bricco, tra i boschi innevati.
Franco s’era inteso subito con quel "cittadino" un po’ più vecchio di suo padre, che andava a caccia con loro, e c’era sempre, ai pranzi dei cacciatori e ai funerali dei vecchi del paese, e tutte le estati era lì, a tagliare erba e legna.
E il "genovese" gli s’era affezionato pure lui : quando l’avevano chiamato al telefono, piangendo :
- Corri su, corri che Franco s’è ammazzato ! - gli era sceso dentro un gelo più freddo del ghiaccio, e al funerale quel maledetto groppo in gola s’era sciolto in pianto.
Ed ora, nella luce che svaniva veloce dietro i monti, a fianco di un Aldo silenzioso, col cielo sereno prima di sera, guardava verso le poste alte, bianche di neve.
- L’hai preso lassù il cinghiale, eh Aldo ? -
- Non proprio lassù, un po’ più sotto, vedi ? C’era ancora la foglia - e poi aggiunse, sottovoce: - Mai visto un cinghiale così grande…-
I due guardavano il costone di montagna ancora illuminato da un riflesso rosa.
- Aldo, lo sai chi te l’ha messo lì il cinghiale, vero ? -
Aldo continuava a guardare lassù, verso la montagna.
-Penso di sì... sì.... l’ha guidato lui quel cinghiale, lui voleva che lo prendessi ... -
Anche il riflesso rosa si stava incupendo nella sera.
Aldo bisbigliava, come per non disturbare, forse parlava a se stesso.
- L’ha messo li perché lo prendessi io...e quando ha caricato lui l’ha fatto deviare, lo so che è stato lui a farlo deviare, lo sa anche la Franca...lo sanno tutti che è stato Franchino... -
Tacque ancora un momento, poi mormorò:
- Eh sì. .. è stato Franchino, prima di andarsene dai suoi boschi...gli piacevano tanto questi boschi... erano i "suoi" boschi... chissà dov’è adesso... -.
S’era fatto veramente freddo, forse per questo i due ebbero un brivido leggero, come se li avesse sfiorati un coltello di ghiaccio.

Nessun commento: